Artrosi trapezio-metacarpale o rizoartrosi

In un’articolazione normale, la cartilagine ha il compito di rivestire le superfici ossee permettendo loro di muoversi e scivolare l’una sull’altra. Quando si instaura un quadro di osteoartrite (detta anche artrite degenerativa) la cartilagine va in contro ad erosione e si viene a creare attrito tra le ossa. Con l’avanzare di questo processo si instaurano i sintomi tipici della patologia e progredisce la distruzione articolare.

Nella mano l’articolazione che più frequentemente va incontro a questo tipo di degenerazione è l’articolazione che si trova alla base del pollice, formata da un piccolo osso chiamato trapezio e dalla prima delle tre ossa del pollice. La forma tipica di questa articolazione consente una ampia gamma di movimenti, tra i quali la pinza e la presa. Il termine “rizoartrosi” deriva dal greco Rhizos (radice), ed indica l’artrosi dell’articolazione posta alla radice del pollice.

Cause

L’artrosi dell’articolazione della radice del pollice colpisce più frequentemente le donne rispetto agli uomini ed inizia solitamente dopo i 40 anni. Traumi o lesione a livello di questa articolazione possono aumentare le possibilità che questa condizioni si sviluppi.

A causa dell’artrosi, la cartilagine che riveste le due ossa a contatto si assottiglia fino a scomparire causando l’attrito tra le ossa che è causa di ulteriore usura e di dolore.

Sintomi

Il primo sintomo è il dolore che aumenta caratteristicamente durante le attività che comportano i movimenti di presa e di pinza. Queste attività possono includere attività quotidiane come lo svitare i barattoli, girare le chiavi, aprire le portiere delle macchine. Un uso importante del pollice può anche causare dolore a livello della articolazione basale. Con il progredire del quadro clinico anche attività più leggere sono sufficienti a causare dolore. La forza di pinza diminuisce e può comparire gonfiore a livello dell’articolazione. Negli stadi avanzati si hanno delle deformità dell’articolazione ed il movimento del pollice diventa limitato.

Esami diagnostici

Una storia clinica dettagliata di precedenti traumi e di come le mani siano state usate può essere molto utile per far pensare al medico che possa essere presente questa patologia. Un esame clinico attento evidenzia spesso una tumefazione alla base del pollice che può rappresentare sia un gonfiore che una sublussazione del primo osso del pollice. Inoltre andando a sforzare il primo osso del pollice contro l’osso del polso può scatenare dolore. L’esecuzione di una radiografia in due proiezioni confermerà la diagnosi e quantificherà il quadro clinico dando indicazione su quello che sarà il trattamento.

Terapia

Questo tipo di patologia evolve in quattro stadi, classificati in base alla degenerazione articolare. Nei primi due stadi il trattamento può essere di tipo conservativo e il dolore può essere dominato con l’uso di un tutore (splint), che serve a mantenere il pollice in posizione corretta. Il tutore può essere indossato durante la notte e, per qualche ora durante il giorno, nelle fasi più acute.

La sua funzione è quello di "mettere a riposo" l’articolazione interessata. Gli anti-infiammatori o il cortisone a basso dosaggio possono contribuire a risolvere le fasi acute e particolarmente dolorose, nelle quali la malattia progredisce più rapidamente. Anche le infiltrazioni intrarticolari di cortisonici o di acido ialuronico, meglio se eseguite sotto guida ecografica, possono rappresentare una soluzione terapeutica molto valida per la riduzione della sintomatologia dolorosa in pazienti non ancora candidati alla chirurgia.

Nei due stadi più avanzati, quando la degenerazione articolare è molto importante il trattamento di scelta diventa quello chirurgico. Questo viene attuato tramite diversi tipi di procedure il cui scopo primo è fondamentalmente quello di eliminare il dolore, di restituire quanto più possibile la funzione utile del primo dito e della mano, e di eliminare l'articolazione malata. Questo si ottiene sostanzialmente in due modi diversi: la fusione delle 2 ossa (artrodesi) o la rimozione del trapezio (trapeziectomia con artroplastica) e la sua sostituzione con materiale biologico oppure con protesi. Esistono anche altri interventi quali la sospensione, con varie metodiche, le osteotomie correttive ed altri ancora.

La scelta dell'intervento da eseguire va fatta caso per caso in base alla gravità del quadro, l'estensione dell'artrosi, le esigenze funzionali del paziente, ecc. e dovrà essere discussa con il chirurgo.

L'artroplastica o tenoplastica è l'intervento che a nostro parere dà il miglior risultato inteso come compromesso tra eliminazione del dolore e mantenimento della funzionalità articolare. È l'intervento più indicato quando si voglia mantenere una certa funzionalità articolare residua pur comportando un certo deficit della forza di presa della mano. Consiste nell’asportazione del trapezio (trapeziectomia) e nella ricostruzione dell'articolazione portante del I dito mediante costituzione di una “protesi biologica” ricavata prendendo una piccola parte dal tendine abduttore lungo del pollice (APL) che viene poi fatto passare una o due volte attorno al flessore radiale del carpo. Ciò permette di riempire lo spazio ricavato dall'asportazione del trapezio. Viene mantenuta una immobilizzazione per due settimane mediante stecca gessata o splint, prima di iniziare gli esercizi di mobilizzazione.

I rischi legati all’intervento (fortunatamente molto rari) sono principalmente: la formazione di una cicatrice dolorosa (che però in genere migliora in 3-6 mesi), la lesione chirurgica (o in corso d’intervento) di un ramo nervoso (soprattutto nel caso di decorsi anatomicamente anomali), le infezioni. Residuerà nel post-operatorio un lieve deficit di forza, mentre la funzionalità articolare nei movimenti del pollice sarà perfettamente ricostituita. Tra le tecniche chirurgiche a cielo aperto quella microchirurgica, è la procedura eseguita dalla nostra equipe; tale metodica assicura oltremodo il rispetto delle strutture anatomiche più delicate, grazie all’ausilio di mezzi ottici d’ingrandimento (2-4x) ed offre al paziente le migliori garanzie.

Altra tecnica è l’artrodesi che consiste nel bloccaggio in posizione funzionale dell’articolazione trapezio-metacarpale (ATM) con placca e viti. Si arriva a consolidazione della artrodesi in poche settimane di immobilizzazione, ma questa tecnica porta inevitabilmente ad un sovraccarico funzionale per vicariale, durante l'opposizione del pollice, la quota di movimento dipendente in origine dall’ATM. Da consigliare in casi selezionati, specialemente agli uomini dediti ad attività lavorativa pesante e con rizoartrosi dolorosa isolata.

Un altro tipo di approccio chirurgico è l’artroprotesizzazione, asportazione del trapezio e sostituzione mediante protesi. L'abbandono del tentativo di protesizzazione della ATM nel trattamento chirurgico della rizoartrosi deriva dalla impossibilità di mantenere stabile nel tempo l'impianto, sia esso in silicone usato come spaziatore, sia esso costituito da materiali diversi e usato come impianto protesico nel senso stretto del termine. Il razionale della sostituzione protesica, basato sul mantenimento della normale articolarità, veniva dunque pagato in termini di risultati con un'alta percentuale di instabilità dolorosa degli impianti e conseguente difficile tentativo di ripresa chirurgica della nuova e spesso peggiore della iniziale problematica.

Anestesia

Il braccio e la mano vengono completamente anestetizzati dal medico anestesista mediante una iniezione di farmaci anestetici per uso locale a livello del cavo ascellare, dove passano i rami sensitivi del Plesso Brachiale, nervo che porta la sensibilità alla mano.

Decorso post-operatorio

Dopo l’intervento, la mano viene completamente fasciata, e viene posizionato un piccolo tutore in gesso, lasciando le dita libere dalla medicazione, che si possono e si devono muovere da subito, ma è bene evitare sforzi per 20-30 giorni. Soprattutto si deve evitare di bagnare la medicazione. Si può riprendere il lavoro in 7-10 giorni nel caso di lavoro di concetto, in 30-40 giorni nel caso di lavoro manuale di media intensità, ed in 3 mesi in caso di lavoro pesante. A giudizio del medico, si può effettuare fisiokinesiterapia mirata post-chirurgica per accelerare i tempi di recupero. La ferita chirurgica tende a guarire il 20-30 giorni circa.